La mia intervista alla Presidentə dell’Associazione Arcobaleno: 🌈
Compie quarant’anni l’associazione arcobaleno, un presidio sociale e culturale per l’Oltrarno situata in Via del Leone 9. L’Associazione Progetto Arcobaleno è un’associazione di promozione sociale attiva fin dal 1985 a Firenze.
Un “arcobaleno” di colori diversi come diverse sono le storie e i percorsi di vita di ognuno di noi.Anna (Piana Agostinetti) , presidente di Arcobaleno, si diventa grandi. Facciamo un bilancio di questi primi quattro decenni? (cosa fate e avete fatto?)
Nel corso di quarant’anni abbiamo accolto persone, migliaia di persone, le abbiamo asocltate e abbiamo cercato dei modi per sostenerle nell’affrontare difficoltà e nell’immaginarsi un futuro .
Abbiamo così costruito servizi, che potessero dare delle risposte alle domande e alle richieste delle persone, chiunque esse fossero… servizi di qualità svolti da volontari e professionisti: dal centro di accoglienza, che è “casa” per chi non ce l’ha, per persone sfruttate, o con una sofferenza mentale o fisica, marginalizzate o economicamente fragili, alla scuola di italiano su vari livelli di apprendimento, dalla comunità che lavora sulle dipendenze anche in ottica di differenza di genere, allo sportello di consulenza legale, dove professionisti volontari ascoltano e indirizzano le persone per cercare soluzioni a problematiche legali, ma non solo.
Se poteste cambiare qualcosa in questo percorso?
Il percorso non lo cambierei in nessun modo: con le sue cadute e gli slanci, le fragilità, i dissidi interni, le passioni, i successi e gli insuccessi, riflette l’andamento della vita di ciascuna delle persone che abbiamo accolto. Non poteva andare diversamente.
E poi ci sono i tanti eventi di aggregazione e cultura: presentazioni di libri, spettacoli teatrali, ci può dire quali saranno i prossimi?
In questi anni abbiamo sviluppato un cartellone di eventi culturali (teatro, cinema, presentazione di libri) che va solitamente da dicembre a maggio, in collaborazione con altri enti (cantiere obraz e teatro del cestello, Arci firenze, Amnesty Firenze, Stensen…) La rassegna del 2024/25 si intitolava “Tracce di invisibili” ed ha toccato temi molto diversi: dal nucleare al diritto di dimostrare, dalle guerre alle migrazioni, attraverso racconti e storie personali, che tracciavano il quadro di un’umanità complessa, ricca e fragile al tempo stesso, a cui apparteniamo tutte e tutti.
Da pochi giorni (20 giugno) abbiamo festeggiato con una festa aperta al territorio, i nostri 40 anni. Lo abbiamo fatto con la scuola di musica di Fiesole, i cui studenti si sono esibiti nella sala del nostro centro di accoglienza, regalando una grande emozione a tutti i presenti…. seguiranno: il 5 luglio in Santa Monaca la commemorazione del fondatore dell’associazione, Eugenio Banzi, di cui ricorrono i 30 anni dalla morte; il 30 settembre un convegno con titolo Diritti, accoglienza, inclusione: tra continuità e cambiamento in sala d’arme a Palazzo Vecchio e in ottobre l’inaugurazione della nuova ala della comunità per alcodipendenti di Borgo San Lorenzo, in località Faltona.
Insomma, un presidio per l’Oltrarno, ma non solo. A chi vi rivolgete?
Ci rivolgiamo al territorio, o meglio alla comunità del territorio, che per fortuna è molto ampia e per nulla impermeabile. E’ una comunità che cambia, viva e curiosa: dalle nostre strutture, centri, sportelli di ascolto, sono passati moltissimi volontari, collaboratori, dipendenti e beneficiari… è passato un un arcobaleno di vite.
Ci rivolgiamo e ci apriamo a chiunque voglia incontrare l’altro e l’altra, a chi chiede e a chi da.
Ma come e grazie a chi funziona concretamente l’associazione Arcobaleno?
L’associazione funziona grazie al contributo dei volontari e delle volontarie (più di 130), ai soci e le socie (50) che si impegnano per portare avanti la mission di Progetto Arcobaleno e ai contributi economici di enti pubblici (il Comune di Firenze, la asl Toscana centro, la Regione Toscana) che sovvenzionano le nostre attività e di enti privati CR Firenze, Fondazione Marchi, la chiesa valdese, la chiesa anglicana e molti cittadini e cittadine che ci sostengono con il loro 5xmille e con donazioni
Cos’è un centro d’accoglienza?
E’ un luogo in cui vengono accolte persone in disagio abitativo, economico, spesso legato a condizioni di fragilità fisica e mentale: gli viene data un’abitazione, in cui sono offerti vitto e alloggio e la presenza di operatori ed operatrici che le accompagnano nell’affrontare i propri problemi. Le aiutano ad affrontare le cause che le hanno portate a chiedere accoglienza e cercare di trovare le risorse personali per superarle.
Cosa serve per fare un lavoro così a contatto con problematiche vere ed essenziali?
Serve indubbiamente empatia, consapevolezza dei propri limiti (non possiamo salvare nessuno) , conoscenza professionale delle problematiche legate alla condizione in cui si trova la persona (dipendenze, disagio mentale, traumi legati ad un percorso migratorio difficile, diritti) e capacità di lavoro in equipe, perché il sostegno e il confronto tra colleghi sono fondamentali.
Recentemente i centri d’accoglienza sono purtroppo spesso al centro delle cronache per casi di ordine pubblico. Qui no. questione di accortezze nella gestione o casualità?
Quali sono i nodi da sciogliere nel meccanismo dell’accoglienza?
La gestione è la chiave, non in termini di controllo, ma in termini di una giusta presenza che sia però di qualità, che dedichi tempo alla persona accolta e alle dinamiche che si creano nella convivenza.
Nei nostri centri di accoglienza gli operatori ed operatrici sono presenti h24 e con compresenza diurna, questo significa che possiamo seguire gli ospiti accolti individualmente, offrendo cura e attenzione a ciascuno.
I nodi sono legati più al post accoglienza che all’accoglienza stessa: la crisi abitativa di città come Firenze, il mercato del lavoro che spinge verso lo sfruttamento, legale o illegale che sia, il razzismo e il pregiudizio che impediscono alle persone di essere valutate oggettivamente, sono tutti elementi che rendono il futuro di molte delle persone che accogliamo, incerto. E se il futuro è incerto il presente si complica.
Ma la comunità del quartiere è coinvolta davvero? O si può fare qualcosa di più?
La comunità è certamente coinvolta: siamo molto legati a realtà presenti nel quartiere che si occupano di marginalità, fragilità, persona senza dimora (da Fuori Binario, ad ACLI, dalla ronda della carità al giardino dell’ardiglione), dovremmo cercare di farci conoscere di puù dalle persone comuni, quelle che non si occupano di queste problematiche, ma che qui vivono, che condividono piazza Tasso con i senza dimora e il Giardino dei Nidiaci con gli stranieri di seconda generazione. Abbiamo alcuni volontari e volontarie che vivono nel quartiere, ma capita spesso che le persone, entrando, ci dicano che non avevano idea che dietro al nostro portone si celasse un mondo.
Quali sono gli obiettivi prossimi?
Gli obbiettivi sono sempre quelli di continuare con questa convizione: che siamo parte del mondo e che ciascuno e ciascuna può essere di aiuto per l’altro/a; che la comunità siamo noi e abbiamo la responsabilità di essere solidali gli uni gli altri. Cercheremo sempre più di dare spazio ai giovani, alle loro idee, offrendogli occasioni di incontro e di scambio con chi ha fatto percorsi diversi dai loro per costruire insieme una comunità aperta e multiculturale. —